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Il danno biologico.
Il danno biologico è costituito dalla lesione dell'integrità fisica conseguente ad un evento (infortunio lavorativo, incidente stradale, etc.). La lesione può determinare un'invalidità temporanea o generare postumi invalidanti, cioè una menomazione permanente della capacità fisica di un soggetto.
Quando la lesione è determinata da un infortunio sul lavoro, il lavoratore infortunato che presenta un'invalidità permamente ha, come a tutti noto, diritto di essere risarcito da parte dell'Inail, cioè dall'assicurazione obbligatoria.
Qualora tuttavia l'infortunio lavorativo si verifichi per colpa del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno biologico c.d. differenziale, il cui onere è posto a carico esclusivo dell'imprenditore, il quale dovrà quindi rispondere o personalmente o a mezzo di specifica copertura assicurativa privata, integrativa quindi di quella pubblica.
Ma cos'è il danno biologico differenziale e quando il datore di lavoro è da considerarsi responsabile dell'infortunio?
In mancanza di una normativa specifica, il calcolo del danno biologico in sede civile è lasciato alla valutazione del Giudice. L'evoluzione giurisprudenziale in argomento ha portato alla compilazione di tabelle di risarcimento del danno fisico stilate da osservatori di studio appositamente costituiti presso i principali Tribunali italiani. Tra queste, godono di particolare credito ed applicazione, per i criteri adottati, la semplicità di lettura e l'equità complessiva di valutazione del danno, le c.d. Tabelle milanesi di risarcimento, redatte dall'osservatorio del Tribunale di Milano ed aggiornate con cadenza biennale.
Ebbene, il danno biologico differenziale è costituito proprio dalla differenza matematica tra il risarcimento del danno fisico offerto dall'Inail (calcolato per ovvii motivi di contenimento dei costi sociali sulla scorta di tabelle di danno e valutazioni economiche ridotte) e quello superiore calcolato secondo le predette Tabelle Milanesi.
L'entità del danno biologico differenziale è considerevole ed è progressivamente crescente in rapporto alla percentuale di invalidità accertata.
Un esempio concreto. Una donna di 39 anni con menomazione accertata al 32% percepisce dall'Inail, sottoforma di rendita annua, un risarcimento del danno pari, in linea capitale, ad euro 70.245. Secondo le Tabelle milanesi, quella stessa percentuale di invalidità comporta un diritto di risarcimento del solo danno fisico di euro 128.768, con un differenziale a carico del datore di lavoro di euro 58.523.
Tale diritto sussiste, come dicevamo, quando è accertata la responsabilità del datore di lavoro che può concretizzarsi per colpa generica, cioè per imperizia, imprudenza o negligenza, o per colpa specifica, cioè per l'inosservanza delle norme di sicurezza dell'ambiente lavorativo, riferito sia ai luoghi, sia al ciclo produttivo.
In questi casi, poichè il datore di lavoro è penalmente responsabile del reato di lesioni o omicidio colposo del lavoratore, la rilevanza penale dell'evento comporta l'applicabilità in sede civile del risarcimento del c.d. danno morale, previsto dall'art.2059 cod.civ., cioè dei patimenti di ordine psicologico legati all'infortunio subito dal lavoratore.
Tale voce di danno è totalmente trascurata dall'Inail, ma è conteggiata in sede civile. Per rimanere all'esempio proposto, le Tabelle Milanesi, in relazione alla percentuale di invalidità indicata, quantificano il danno morale (più correttamente definito danno non patrimoniale diverso dal danno biologico) in un somma corrispondente al 48% del danno biologico, pari quindi ad euro 61.808, da assommare al differenziale biologico.
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